La
Farmacia di Montevergine, nata nel XIII secolo e fino al XIX secolo affidata a confratelli esperti, nacque come infermeria e divenne presto una
"spezieria" al servizio dell'intera comunità.
I monaci di Montevergine, ad un certo punto, sentirono l'esigenza di costruire un nuovo Palazzo in una zona più mite per farvi un'infermeria dove i religiosi malati potessero ricevere le cure. L'architetto Di Blasio progettò quindi una porta finestra, mediante la quale poter servire i richiedenti senza che questi entrassero nel monastero, violandone la clausura. Su quella porta potrete osservare ancora oggi
la scritta "Farmacia".
Situata accanto all'atrio d'ingresso del Palazzo abbaziale, si presenta su pianta rettangolare ed è costituita da scaffalature in legno disposte lungo le pareti, aventi capitelli intagliati e dorati, stemmi intagliati e decorati con foglie in oro zecchino ed un bancone col piano in radica di noce. Secondo le fonti, un tempo la farmacia custodiva
398 vasi di varie misure - suddivisi in
alvaroni, fusilli e lancelloni - commissionati nel 1750 alla
fabbrica di Giustiniani di Capodimonte. Oggi, a seguito di furti, ne sono rimasti poco più di 200, ciascuno dei quali avente una decorazione raffigurante una scena floreale o paesaggistica, con lo stemma dell’Abbazia ed il nome del medicamento che un tempo contenenevano.
La farmacia chiuse definitivamente a causa degli scarsi introiti, soprattutto a seguito della diffusione dell'industria farmaceutica. Danneggiata da vari terremoti, nel 1960 venne
trasformata per volere dei monaci in museo, ancora oggi visitabile e custode di un prezioso patrimonio artistico-culturale.
Le attrezzature presenti un tempo nella farmacia, andarono in parte disperse mentre in parte sono state riutilizzate per le nuove attività della Congregazione, ovvero la liquoreria e l'apicoltura.
Curiosità
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La volta della Farmacia era originariamente decorata con un affresco del 1761 realizzato da Giacomo Baratta, purtroppo compromesso totalmente dai restauri degli anni Sessanta. L'affresco raffigurava la "Guarigione di Tobia".
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I monaci bianchi verginiani, sulla scorta dell'impostazione voluta dal fondatore San Guglielmo il quale adottò la regola di San Benedetto su preghiera e lavoro, detengono ancora oggi un grande sapere riguardo luoghi, piante e arte, che si sono tramandati nei secoli. Il Santuario di Montevergine conserva, ad esempio, cinque erbari con circa 3.000 esemplari di piante spontanee del Monte Partenio. Molte di quelle elencate si sono estinte per via dei mutamenti climatici e dell'inquinamento atmosferico.
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I liquori prodotti nella liquoreria dell'Abbazia di Loreto dai padri benedettini, vengono realizzati con erbe naturali. Tra questi, l'Anthemis è un liquore dal colore smeraldo a base di oltre venti erbe, tra cui il fiore dell’Artemisia. E' considerato, assieme agli altri liquori dei monaci bianchi, un elisir di lunga vita per le proprietà delle piante che contiene.