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Viggiano, il borgo in cui sono nato

di Giuseppe Colasurdo

 “HO L’ARPA AL COLLO SON VIGGIANESE, TUTTA LA TERRA E’ IL MIO PAESE”.

Pier Paolo Parzanese, nella sua opera “I Canti del viggianese”, dice che da fanciulli i viggianesi imparavano a suonare l’arpa e il violino, e poi lasciavano allegramente il paese per girare tutto il mondo in cerca di fortuna, suonando e cantando; solo dopo aver raccolto un po' di denaro, tornavano in Patria a godersi la pace della famiglia.

L’arpa popolare è il simbolo di Viggiano, con cui i nostri musicisti antenati si sono fatti apprezzare in tutto il mondo, diventando cittadini di tutta la terra. E' questo uno dei principali motivi che mi rendono orgoglioso di essere un viggianese.

Viggiano è il borgo dove sono cresciuto ed è qui che conservo ricordi indelebili di un’adolescenza dove l’ingenuità e la spensieratezza regnavano padrone, e ci permettevano di vivere ogni attimo come fosse una favola sempre col lieto fine, avvolti e protetti in un contesto immacolato e privo di insidie. Era bellissimo, perché il paese potevi viverlo appieno e condividere tutto con tutti, come in una grande famiglia.

Poi gli amici di sempre, con i quali ne ho combinate tante, e quei luoghi che per noi erano un riferimento assoluto. Tra questi, in modo particolare, il pisciolo, dove sono nato e dove tuttora abito; credo che sia un posto magico per tutta la mia generazione perché - come dice il mio caro amico e professore Francesco Petrone in “Le vene della mia terra” - è lì che avveniva una vera e propria iniziazione alla trasgressione, grazie alla presenza di un chioschetto chiamato "Milanbar", dove si poteva stare lontani dagli occhi indiscreti.

Quante storie sul quel muretto, mi vengono i brividi a pensarci... sarebbe bello riavvolgere il nastro per respirare anche solo per un istante il profumo delle belle stagioni spensierate, delle belle serate trascorse a scorrazzare per i magici vicoletti suonando i campanelli o in cerca di un luogo appartato per fumare una sigaretta; il castello era uno dei miei preferiti, perché nella chiare serate estive si poteva ammirare quel magnifico cielo stellato sotto il quale sdraiarsi senza pensare al domani.

La Primavera aveva un sapore particolare, perché preannunciava un'altra estate viggianese fatta di feste, sagre, spettacoli, sapori e tanta bella musica, ma lo era soprattutto per la grande festa della nostra Vergine nera, una tradizione che si rinnova da secoli con una processione di migliaia di fedeli che dal Sacro Monte di Viggiano accompagnano la Regina e Patrona della Lucania in paese, dove poi hanno luogo i festeggiamenti. In quei giorni davvero incredibili, ci piaceva stare in giro dalla mattina fino a notte fonda.

Credo sia un lusso nascere in una piccola comunità, perché nei piccoli borghi abbiamo la preziosa fortuna di proteggere e valorizzare le nostre tradizioni, la nostra storia, la nostra cultura e la nostra identità, per poi regalarle alle future generazioni.

Osservo con rammarico la tendenza di massa a seguire la moda quando si decide di andare fuori da qualche parte, dimenticando che magari a cinque chilometri da dove abitiamo c'è un borgo da visitare, con la sua storia, le sue bellezze e le sue eccellenze enogastronomiche che non conosciamo, e in quel borgo c'è un piccolo ristoratore pronto ad accoglierci per farci assaporare le specialità della zona, o magari un artigiano - sempre più rari - che ci mostra i lavori di una volta.

Ecco, per me Viggiano è proprio questo, e sono certo che in tutto il nostro Paese ci siano luoghi che almeno una volta varrebbe la pena vedere.

Per questo motivo, ripartiamo dai borghi, perché sono il vero volano del turismo italiano.

Giuseppe
#andràtuttobene